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Eolico, le pale al vento del re In Sicilia è anche questione di Fil

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Vi ricordate del Bhutan, quel piccolo regno montano dell’Himalaya che dal 2012, per misurare il benessere della sua gente, utilizza il Fil (Felicità interna lorda) piuttosto che il Pil (Prodotto interno lordo)? Uno degli indicatori della sua felicità è la tutela dell’ambiente.

Ci sono buone notizie anche dalle nostre parti. E’ nato il partito della felicità e il nostro re, assieme al monarca asiatico, combatte sottotraccia e in silenzio per il benessere della Sicilia.

Sole, vento, energia e pale oggi non sono più questione di Pil, ma di Felicità interna lorda. Per gli altri naturalmente.

La strategia è vincente: fare girare in modo gagliardo le grandi eliche, di notte e di giorno, ovunque e senza regole, meglio se nel bel mezzo di riserve naturali, come le Saline di Trapani e lo Stagnone di Marsala. E’ necessario produrre così tanta energia eolica da buttarla al vento, così le bollette si gonfiano, le lobby s’ingrassano e noi siamo più Fil.

La diplomazia non è mai troppa con gli investitori, piccoli o grandi che siano. E la tattica funziona. Perché la Sicilia è il quarto produttore di energia eolica del Paese, dopo la Puglia, la Basilicata e la Campania, ma è in fondo alla classifica per la qualità della sua rete di trasmissione, che è già satura e non è in grado di canalizzare nella rete elettrica nazionale i megawatt di eolico prodotti. Ma non si butta via niente.

I grandi investitori sono comunque rimborsati di 127 euro per megawatt di energia. Un affare di miliardi. D’altra parte non si può certo conservare l’energia del vento. Il surplus negli altri Paesi si esporta, ma viste le condizioni delle nostre infrastrutture, non si può. Allora bisogna bloccare la produzione.

In verità, re Saro ci ha provato, bloccando alcune conferenze di servizio e urlando al vento che “solo dove c’erano già” sarebbero state autorizzate nuove pale. Anche se, come ha scritto su Centonove Enzo Basso, curiosamente “tra le poche decine di pratiche di finanziamento autorizzate dall’Irfis, l’istituto di medio credito siciliano, la maggior parte sono proprio impianti eolici, settore nel quale le recenti indagini hanno visto fare capolino anche di interessi “indiretti” di molti politici”.

In fondo, meglio le trivelle nel canale di Sicilia, alla ricerca di petrolio e gas, riducendo anche le royalties dovute dalle compagnie. Pazienza se l’Italia ha assunto in sede internazionale obiettivi climatici di energia pulita.

Ma il tempo è galantuomo e la felicità dei grandi gruppi non è stata tradita: dalle stanze del regno nessun piano energetico, nessuna mappatura per limitare la costruzione di nuovi impianti, documenti incomprensibili e incompleti. Il termine per individuare le aree vietate all’eolico è scaduto il 27 maggio scorso e il Cga ha mandato a gambe all’aria lo stop alle concessioni, sbloccando le procedure di autorizzazione ai nuovi impianti. Ce ne sono già 64 che aspettano solo il via libera. L’ultimo è stato autorizzato a Partanna, nel Trapanese, 6 pale di 2,4 megawatt ciascuno.

Si riapre la cagnara. I 5stelle tentano di bloccare disperatamente il decreto del governo incomprensibile anche agli addetti ai lavori, ma necessario all’applicazione della legge regionale 29/2015 sulle aree non idonee a installazioni eoliche con potenza superiore a 20kw. Se dovesse essere approvato “si scatenerebbe il caos” perché il provvedimento è “viziato da gravi irregolarità”.

Nel frattempo, palifici in libertà. Questione di Fil.


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